Non è facile
accettare che il proprio figlio possa
vivere un
momento di difficoltà o trovarsi in una situazione difficile
da
vivere. Spesso si è portati a pensare che si tratti solo di
un
“momento passeggero” o di una fase normale nella
vita di un
bambino. Ma è importante affrontare il problema prima che
possa
condurre a situazioni più difficili da vivere, affrontare e
risolvere.
I segnali di disagio e di
sofferenza di un bambino raramente
sono delle
comunicazioni verbali e dirette. Il più delle volte, i
genitori,
o gli insegnanti, si trovano di fronte a manifestazioni
sintomatologiche che possono esprimere livelli differenti di sofferenza
e malessere. I sintomi più comuni sono comportamentali (ad
esempio, aggressività a casa o a scuola, nel gruppo dei pari
o
con gli adulti significativi, disturbi della condotta, isolamento e
ripiego su di sé), psicosomatici (cefalee, enuresi e/o
encopresi, mal di pancia, manifestazioni cutanee), o, ancora, fobie,
rifiuto di andare a scuola, disturbi dell’addormentamento e
del
sonno, disturbi d’ansia e ansia di separazione.
Considerare questi sintomi
e comportamenti come comunicazioni di un
possibile disagio del proprio bambino è un primo e
importante
passo per condividerne la sofferenza e le difficoltà,
aiutarlo
ad affrontarli e a superarli, e cercare soluzioni che possano
rasserenare il bambino e la famiglia.
Oltre alle possibili
difficoltà del percorso
evolutivo a
scuola
e in famiglia, ci sono altri eventi che, come per un adulto, possono
avere un impatto forte e destabilizzante sulla vita e
l’emotività dei bambini: ogni evento traumatico
che
coinvolga direttamente il bambino, la famiglia e il mondo
perifamiliare, i lutti, l’allontanamento da figure di
riferimento
e da persone amate, la separazione dei genitori, il vivere in famiglie
ricostituite o allargate. Questi eventi richiedono sia al bambino, sia
ai genitori e agli adulti di riferimento, di orientarsi nuovamente nel
proprio mondo relazionale, affrontando emozioni e stati
d’animo
che possono essere, a volte, difficili da sentire e vivere.
Quando può essere utile rivolgersi ad uno
psicoterapeuta
dell’età evolutiva:
Il bambino, così come accade all’adulto,
può dover
affrontare alcuni disturbi e difficoltà per i quali
può
essere utile consultare uno psicoterapeuta:
• Disturbi della
condotta
• Disturbi del
comportamento
• Disturbi
d’ansia
• Difficoltà
e problematiche relazionali
• Difficoltà che investono la
sfera
dell’alimentazione (rifiuto del cibo, obesità
infantile,
desiderio smodato di mangiare)
• Difficoltà
che riguardano la minzione e la defecazione (enuresi e/o encopresi)
• Difficoltà
nell’addormentarsi, incubi notturni, angoscia nel dover
dormire da soli
• Comportamenti
aggressivi e oppositori verso i pari e/o gli adulti
• Difficoltà
d’attenzione
• Paure e fobie
L’intervento con
i bambini, come avviene per un
paziente
adulto,
si basa sulla relazione terapeutica, che nasce e si consolida nel corso
dei primi incontri e continua per tutto il percorso terapeutico, ma, a
differenza di una psicoterapia con un adulto, deve tener conto anche
del contesto in cui il bambino è inserito e vive, e quindi
dei
genitori e dell’ambiente familiare da cui è ancora
fortemente dipendente. È importante, quindi, coinvolgere la
famiglia e i genitori nel percorso terapeutico con un supporto e un
sostegno psicologici (o all’interno del percorso terapeutico
del
proprio figlio, con incontri periodici, o in un percorso parallelo), e
nell’eventuale collaborazione con altri contesti di cura, in
cui
il bambino potrebbe essere coinvolto, e con la con la scuola e gli
insegnanti.
La psicoterapia in
età evolutiva si avvale
principalmente
del
gioco, del disegno e della narrazione. Il bambino non è in
grado, in genere, di parlare esplicitamente del proprio disagio, ed
è compito del terapeuta sfruttare la qualità
della
relazione con il piccolo paziente per individuarne le
modalità
comunicative migliori, più facili e immediate.
Il gioco e la narrazione
consentono alla coppia terapeutica (bambino e
terapeuta) di affrontare un disagio in maniera indiretta e di
proiettare e rendere condivisibili contenuti, sofferenze ed emozioni
che altrimenti non verrebbero espressi ed elaborati, ma anche di
trovare e creare risorse, strategie e energie che nascono sia dal
bambino, sia dall’incontro dei due protagonisti del percorso
terapeutico.